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Sara De Simone su "I Sogni di Anna" dal Manifesto del 30.10.20

Immaginari onirici e piani temporali a ritroso

- Sara De Simone, 30.10.2020

«I sogni di Anna», un libro di Silvia Ricci Lempen per la casa editrice Vita Activa

È un’architettura complessa quella dell’ultimo romanzo di Silvia Ricci Lempen, scrittrice romana, da molti anni residente in Svizzera. Complessità che si sostanzia, anzitutto, nella scelta – tanto inconsueta quanto affascinante – di una nascita doppia: I sogni di Anna (Vita Activa, pp. 356, euro 17) è un libro che vede la luce in due versioni originali, in francese e in italiano, scritte in parallelo dall’autrice.

CONCORRE all’originalità compositiva la particolare struttura à rebours: una costruzione cesellata, laboriosa, che fa partire la narrazione nel 2012, e risale all’indietro, fino al 1911, coprendo così lo spazio di un secolo. Ancora, arricchisce l’impianto narrativo la scelta di raccontare le vicende di cinque donne, tutte di epoche e provenienze diverse, eppure tutte collegate fra loro da una fitta geografia di intrecci. Le storie delle cinque personagge de I sogni di Anna – Federica, Sabine, Gabrielle, Clara, Anna – si dipanano sotto il segno della relazione fra donne: nella struttura ad anelli c’è sempre una donna più adulta che ne «incontra» e accoglie una più giovane.

Nulla di didascalico: gli incontri sono veri, i legami complessi, le anime spesso ferite, eppure disponibili ad aprirsi allo scambio con l’altra, che è specchio e insieme diffrazione di sé. Da Roma a Glasgow, dalla Losanna degli anni ’80 alla Francia interna degli anni ’60, dalla Bellinzona ante Seconda guerra mondiale al piccolo paese di Carpineto Romano nel 1911: i tragitti delle esistenze di queste donne sono molti e imprevedibili, eppure sembrano rivelare un disegno nascosto. Si tratta di quelle corrispondenze segrete che attraversano la vita di tutti noi, e che si disvelano epifanicamente proprio quando non lo immaginiamo. Ma si tratta anche di scelte: non è un caso che Federica, giovane precaria, incontri la più adulta Sabine ad una manifestazione femminista e con lei senta di voler percorrere un pezzo di strada; così come non è pura fatalità la relazione tra l’universitaria Sabine e Gabrielle, moglie del suo amante, che alla giovane consegna il ricordo dell’amore infelice con Lucille, compagna di classe del liceo; Lucille conduce a Clara, che accoglie in casa la ragazza esule per la sua omosessualità, ma non riesce a salvarla; Clara porta infine ad Anna, italiana trapiantata in Svizzera, a lei legata per ragioni antiche, che i lettori conoscono, ma le personagge no.

IL LIBRO SI CHIUDE con la promessa di quest’ultimo disvelamento, e insieme con il racconto della straordinaria vita onirica di Anna, che dà il titolo all’opera. È quasi come se tutte le vicende narrate fino a quel punto fossero state sognate da Anna, che mentre dorme assorbe e immagina mondi: «mentre lei dormiva, e nessuno vedeva niente, dentro di lei c’erano tutti quei razzi colorati, quei rosoni di luce, mai uguali fra loro, tutti i pensieri, le sensazioni felici o infelici di tutta la gente che vive sulla terra». Straordinaria metafora della vita segreta e ulteriore di chi scrive. Sempre in ascolto del mondo, sempre generandone di nuovi, «in sonno e in veglia».

*** Oggi, nell’ambito della giornata di studio «Nel mondo di Alice (Ceresa). Scrittura pensiero», organizzata dall’Archivio Svizzero di Letteratura (via zoom, dalle 9.30 alle 18), Silvia Ricci Lempen interverrà a proposito di scrittura e punto di vista femminista.

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iMagazine: Nadia De Biagi da Trieste, Rosanna Corda da Pordenone e Giovanna Guslini da Varese condividevano un sogno: incontrare genti e conoscere posti lontani. Com'è andata a finire?

L'AUTORE DELLA PORTA ACCANTO
18 ottobre 2022 di
Margherita Reguitti

Le vite di tre donne si incrociano negli anni ’80 del secolo scorso in Arabia Saudita seguendo le destinazioni lavorative dei mariti.

Il racconto di cosa ha significato per loro questa esperienza in un Paese lontano, dalla lingua, abitudini, cultura e religione diverse e forse poco note, viene raccontata in presa diretta dalle protagoniste che trent’anni dopo si ritrovano casualmente in una di quelle bizzarre e impreviste svolte della vita.

Nadia De Biagi di Trieste, Rosanna Corda di Pordenone e Giovanna Guslini di Varese condividevano un sogno: incontrare genti e conoscere posti lontani. Le loro storie, esperienze, pensieri e flessioni a distanza di anni dal soggiorno nel paese arabo, in contatto con una società assai diversa da quella italiana, sono diventate un libro sul significato dell’incontro con l’altro, dal titolo “In punta di piedi nei Paesi dei Minareti”, uscito per Vita Activa Edizioni di Trieste. ...continua a leggere qui.

 

ALIAS - Le personagge secondo Laura Ricci

di Pasquale Misuraca da Alias, supplemento de Il Manifesto, 1 febbraio 2020

Cos’è un ‘saggio’, in letteratura? Un breve testo critico su un argomento. Laura Ricci ha scelto come argomento del suo libro più recente le personagge letterarie: «Sempre altrove fuggendo. Protagoniste di frontiera in Claudio Magris, Orhan Pamuk, Melania G. Mazzucco» (Vita Activa 2019).

È un libro di genere, è un libro degenere. Libro di genere nel senso che propone «un gentile pacato femminismo della differenza». Libro degenere nel senso che – sono ancora d’accordo con lei – è «un saggio non convenzionale», una combinazione di generi.

E se è vero, come è vero, che «un personaggio, una personaggia, sono tanto più riusciti quanto più invadono la vita di chi legge», vi avverto che leggendolo sarete vitalmente invase invasi dalle «protagoniste di frontiera» di Magris e Pamuk e Mazzucco.

Descrivere un libro che descrive e riassumere un libro che riassume sarebbe per me divertente, divertito ammiratore come sono delle «Descrizioni di descrizioni» di Pier Paolo Pasolini e delle «Tesi di filosofia della storia» di Walter Benjamin. Preferisco spendere le poche parole che restano di questa ‘saetta’ sul carattere «degenere» dell’opera saggistica della Ricci.

All’interno della quale sento circolare la benedetta aria indisciplinata e sperimentale che soffia oggi, in Italia, in molti ambiti, in molte arti, e in letteratura come nel cinema – per tirare in ballo un’arte che pratico per professione e per passione. Rendo testimonianza.

Nel giugno del 2019, alla 55esima Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, si è provato a santificare il genere ‘commedia all’italiana’, tentativo rintuzzato da alcuni critici e storici presenti, primo fra tutti Adriano Aprà, ideatore del movimento cinematografico Fuorinorma. Come autore del cinema cappuccino (che non si capisce dove finisce il genere documentario e comincia il genere film) e per oppormi al fascismo venato di razzismo e nazismo dei salviniani e meloniani e casapoundiani di vario ordine e grado, in quella sede ho apologizzato il cinema fuorinorma in quanto arte degenere.

Non a caso, nella mostra dell’arte degenerata allestita dal regime nazista nel 1937 c’erano anche opere di Paul Klee, autore dell’Angelus Novus della nona tesi di filosofia della storia di Benjamin. E Angelus Novus si intitola il mio primo film, sulla vita e la morte di Pasolini – noto degenerato come uomo e come artista.

https://ilmanifesto.it/le-personagge-secondo-laura-ricci/
https://www.lauraricci.it/le-personagge-secondo-laura-ricci-su-alias-pasquale-misuraca-scrive-di-sempre-altrove-fuggendo/